Bach: Concerti Brandeburghesi nr.2, nr.7
I sei concerti cosiddetti brandeburghesi, costituiscono forse la più nota opera strumentale del compositore tedesco. Vale la pena di sottolineare la particolarissima legge che guidò, durante tutto lo sviluppo della sua attività, i tipi, i generi di musica del grande Sebastiano. Si vede infatti, nell’alternarsi di momenti precisi dedicati alla musica organistica, alla musica corale, alla musica strumentale, una ragione non certamente intima, non certamente collegata a differenti stati d’animo, a diversi orientamenti artistici od espressivi, a particolari esperienze scolastiche od extrascolastiche; la legge che guida i cicli delle composizioni bachiane, é invece di carattere assai più pratico ed immediato; Bach componeva secondo le precise esigenze professionali richieste dalle singole situazioni dei suoi vari incarichi e dalle possibilità offertegli nelle diverse sue residenze. Cosi vediamo gran parte delle sue composizioni organistiche risalire al periodo di Weimar, perché là egli disponeva di un ottimo organo, e gran parte delle composizioni corali al periodo di Lipsia, perché la esisteva un coro ben preparato e perché ancora le sue prestazioni presso la Scuola di S. Tommaso prevedevano appunto tra l’altro la composizione di pagine adatte per i servizi religiosi. Ma vi fu un periodo, nella vita di Giovanni Sebastiano Bach, riservato alla musica strumentale; e fu il periodo passato presso la Corte di Cothen dove egli ricopri la carica di direttore della musica da camera dal 1717 al 1723. A Cothen Bach disponeva di un’ottima orchestra da camera; l’organo al contrario era di cattiva qualità ed il coro mancava del tutto; di qui la predilezione, in questo periodo, per le forme della musica strumentale. I Concerti brandeburghesi gli furono commissionati appunto in tale periodo dal principe Cristiano Ludovico, margravio della provincia prussiana del Brandeburgo e vennero chiamati in un primo tempo: Sei concerti per vari strumenti; L’appellativo di “brandeburghesi”, venne soltanto molto più tardi, con riferimento alla residenza del principe dedicatario. Mentre per altri aspetti le derivazioni cui si riallaccia Bach sono tutt’affatto tedesche (particolarmente per quanto riguarda le pagine organistiche e corali), nel campo del “Concerto”, é evidentissima l’influenza degli strumentisti italiani del 600 e del 700. ll “Concerto”, d’altra parte era una forma veramente italiana e si era andato, negli ultimi cento anni, organizzando entro formule architettoniche sempre più precise e razionali. I “Brandeburghesi” si richiamano proprio alla tradizione italiana del “Concerto grosso”; e l’aderenza allo schema di tale concerto balza immediata nella contrapposizione tra due elementi: gruppo di strumenti solisti (concertino) e il ripieno dell’intera orchestra (concerto grosso). Ma i Brandeburghesi, entrano nella storia del “Concerto grosso”, quando questo già si e evoluto rispetto alle forme primitive di un Corelli, ad esempio; già nell’uso dei fiati e del clavicembalo come solisti, c’é qualche cosa di nuovo, certamente di non sperimentato dagli italiani del primissimo settecento, e semmai, per quanto riguarda gli strumenti a fiato, soltanto dal Vivaldi; perché il concerto grosso tradizionale, nel cui quadro generale appunto il Corelli conserva una posizione di assoluta centralità, era composto soltanto da strumenti ad arco, sia nel “concertino” che nella più vasta sonorità del ripieno. Dei sei concerti brandeburghesi, quelli che più da vicino riprendono l’intenzione dinamica del “Concerto grosso” sono il primo, il secondo, il quarto ed il quinto. Gli strumenti chiamati a comporre il “concertino”, sono nel Secondo Concerto brandeburghese la tromba, il flauto, l’oboe ed il violino. Il primo ed il terzo tempo sono dominati dalla sonorità caratteristica della tromba, che esce con grande rilievo dai piani sonori dei legni e degli archi. Il primo tempo inizia con un tema ardito espresso dall’orchestra; poi il discorso passa a turno a ciascuno degli strumenti componenti il “concertino”, con continui interventi del “concerto grosso”; lo sviluppo di tale tempo é costruito poi sui motivi iniziali, Il secondo tempo, Andante , é scritto per flauto, oboe, violino e basso continuo (cembalo) che si può virtualmente considerare come un trio con accompagnamento di clavicembalo; si tratta di una pagina costruita contrappuntisticamente dove le varie voci esprimono a turno una frase distesa, dal contenuto quasi romantico, che viene però rigidamente organizzato nella lucida architettura prettamente bachiana. Il terzo tempo inizia assai vivacemente con un tema affidato alla tromba; intervengono poi, a riprenderlo ed a svilupparlo, il concertino ed infine il ripieno . Il quinto concerto, si avvale invece del concorso, nel concertino del flauto, del violino e del clavicembalo. Tale concerto si distingue da tutti gli altri per il fatto di avere appunto un clavicembalo tra i solisti ed in certi aspetti si può ben dire che proprio tale strumento assume un ruolo principale, in maniera da fare del quinto brandeburghese il geniale precursore di tutta la serie dei concerti per pianoforte ed orchestra, che tanta parte hanno nella letteratura sinfonica moderna. Particolarmente nel primo tempo, l’equilibrio é già assai simile a quello del concerto solistico la caratteristica autosufficienza del clavicembalo gli consente di sostenere lunghi ed architettati passaggi senza 1’ausilio delle sonorité del concertino e dell’orchestra, Il secondo tempo, Affettuoso é un delizioso trio per violino, flauto e cembalo. L’ultimo tempo riporta la brillantezza del discorso concertante, sostenuta qui da un ritmo più rapido e più deciso.
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