lunedì 24 febbraio 2014

Rossini: L'Italiana in Algeri







Nel 1805 i giornali milanesi riportarono con grande evidenza la notizia che una dama milanese, Antonietta Frapolli, era stata rapita ed era prigioniera di Mustafà-ibn-Ibrahim, il Bey di Algeri. Forse fu proprio questa notizia a dare lo spunto ad Angelo Anelli per il libretto dell’Italiana in Algeri che scrisse per Luigi Mosca e che andò in scena alla Scala nel 1808.
Cinque anni dopo Rossini scelse quello stesso libretto per scrivere, in tutta fretta (chi dice 27 giorni, chi dice 18) una nuova opera per Giovanni Gallo, impresario del Teatro San Benedetto di Venezia. Nel 1813, in cinque mesi, Rossini compose tre opere per tre teatri veneziani: Il Signor Bruschino per il San Moisè, Tancredi per la Fenice e L’italiana per il San Benedetto. L’opera andò in scena il 22 maggio 1813 con due protagonisti come Marietta Marcolini nel ruolo di Isabella (per lei Rossini aveva già composto L’equivoco stravagante, Ciro in Babilonia, La pietra di Paragone) e Filippo Galli come Mustafà.
L’opera è una sorta di specchio rovesciato del Turco in Italia che Rossini scriverà un anno dopo: là un turco che arriva a Napoli, qui un’italiana che fa naufragio e viene rapita ad Algeri. Per raccontare le turcherie in musica Rossini prevede in orchestra un insieme di strumenti come piatti, triangoli, cassa, glockenspiel militare e cappello cinese raggruppati sotto il nome di “Gran Banda Turca” e “catuba”.
Ammiratore divertito delle gag dell’opera fu Stendhal che nella sua Vie de Rossini scrisse: «i nostri gravi letterati del ‘Journal des débats’ hanno trovato folle l’azione senza vedere, poveretti, che se non fosse folle non si converrebbe a un tal genere di musica, la quale in se stessa non è altro che una follia organizzata e completa». A riportare stabilmente in repertorio l’opera nel secolo scorso fu, nel 1925 al Teatro di Torino, un allestimento diretto da Vittorio Gui e con Conchita Supervia come protagonista.

Nessun commento:

Posta un commento