Scarica qui La passione secondo san Matteo di Bach
Matthäus-Passion (Passione secondo Matteo), BWV 244
per soli, doppio coro e doppia orchestraMusica: Johann Sebastian Bach
Testo: Picander (Christian Friedrich Henrici)
Occasione: Venerdì Santo
Organico:
- Interpreti: 2 soprani, contralto, tenore, 2 bassi, coro misto, 2 cori misti
- Orchestra I: 2 flauti traversi, 2 oboi, 2 oboi d’amore, 2 oboi da caccia, 2 violini, viola, viola da gamba, continuo (violoncello, violone), organo
- Orchestra II: 2 flauti traversi, 2 oboi, 2 oboi d’amore, 2 oboi da caccia, continuo (violoncello, violone), organo, clavicembalo
Prima esecuzione: Lipsia, Thomaskirche, 11 aprile 1727
Edizione: Schlesinger, Berlino, 1830
Guida all’ascolto.
Non sono passati nemmeno duecent’anni dal momento in cui, grazie all’iniziativa di Zelter e del suo allievo Felix Mendelssohn, la Passione secondo Matteo di Bach venne tratta fuori dall’oblio in cui era caduta e riconsegnata al patrimonio della nostra cultura musicale. Dal giorno della sua esecuzione a Berlino, 11 marzo 1829, essa è diventata l’opera forse più amata e celebrata fra quelle di Bach che ci sono pervenute. Non è solo una questione di qualità musicale: vi sono infatti Cantate nelle quali l’inventiva e il coraggio sperimentale dell’autore sono di gran lunga superiore. E non è neppure un problema di aderenza fra l’espressione musicale e il contenuto teologico del racconto cristiano: la Passione secondo Giovanni è da questo punto di vista più rigorosa e sottile. Ciò che le ha conferito un innegabile primato è piuttosto la sua evidenza espressiva, come pure la piena visibilità di quelle corrispondenze fra testo e musica che altrove vengono sublimate sotto una superficie di simbolismi difficili da decifrare. Spesso il linguaggio della Passione secondo Matteo è stato definito “teatrale”. Si è sottolineato ad esempio come nell’alternanza fra corali e arie, cori e recitativi, essa introduca nel racconto evangelico le pieghe emotive di un dramma barocco, dando evidenza rappresentativa ai gesti che la musica accompagna: la concitazione della folla, le lacrime dei fedeli nelle arie di preghiera sui versi liberi del canto da chiesa (Kirchen-lied), il pentimento di Pietro, il lutto di Giuseppe di Arimatea. In primo piano, come si vede, sarebbero quei sentimenti umani che il racconto sacro lascia relativamente ai margini e che la musica richiama invece al centro della scena facendone occasione di meditazione.
La forza espressiva della Passione secondo Matteo sta dunque in un rovesciamento di prospettiva rispetto alla tradizionale narrazione della storia sacra. La voce dell’Evangelista racconta gli eventi in modo apparentemente distaccato, ma le arie, i corali e i cori manifestano meglio il coinvolgimento dei fedeli nel pieno di una vicenda nella quale compaiono sia come vittime che come carnefici. Più che la dimensione teologica legata alla questione del “sacrificio”, a toccarci è piuttosto quella umana e troppo umana della “ingiuria”, centro focale della composizione bachiana. Il sacrificio, insegna la teologia, non contraddice l’onnipotenza divina, ma è necessario al disegno della salvezza. D’altra parte, per un’epoca dalla coscienza religiosa così radicata com’era quella di Bach, il racconto di un Dio ingiuriato, flagellato, crocifisso, abbandonato persinO dal Padre, rappresentava un autentico rovello tragico. La vicenda che Bach racconta nella Passione secondo Matteo si concentra su questa componente umana ed è perciò la storia di un Dio indebolito e deriso, è la storia di un naufragio che ci comprende tutti, perché l’intenzione divina viene messa a morte per colpa di quello stesso mondo che essa intende salvare. All’altro capo dell’esperienza dell’ingiuria e della colpa sta la virtù redentrice della pietà, sentimento che nella Passione secondo Matteo è ben più importante di quanto non sia nelle altre Passioni bachiane: è una pietà vista come virtù reattiva, come un bisogno di preghiera che segue alla meraviglia per questo Dio dei naufraghi che non salva se stesso dalla Croce, ma chiede di essere salvato dal cuore stesso dei fedeli davanti ai quali si immola. Quando provò a interpretare il contrasto tra l’onnipotenza divina e la sua sconfitta con la crocifissione, Dostoevskij disse che il sacrificio di Cristo aveva restituito all’uomo il più pericoloso dei suoi beni, la libertà, e insieme ad esso il più ampio dei suoi doveri, la responsabilità. Ora, se nel disegno divino vi fosse solo necessità, come insegna la teologia della croce e come conferma la Passione secondo Giovanni, non vi sarebbe alcuna responsabilità nell’ingiuria, nella libertà esercitata contro Dio. Ma se una responsabilità c’è, come Bach indica evidentemente nella Passione secondo Matteo, vuol dire che anche il disegno divino non è del tutto costrittivo, che l’uomo può evitare il peccato e fare del suo cuore un luogo capace di accogliere Dio. La letteratura mistica tedesca avrebbe protestato contro questa volontà, tacciandola ancora di ambizione. Più semplicemente, Bach si rifà alla tradizione protestante che fa del cuore del fedele il luogo in cui Dio deve essere salvaguardato e della musica fa l’esempio della comunicazione “da cuore a cuore”, come appunto vuole essere la Passione secondo Matteo.
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