sabato 31 dicembre 2016

Beethoven: Fidelio







Scarica qui Fidelio di Beethoven 


La genesi di Fidelio

Fidelio è l'unico lavoro teatrale realizzato dal maestro di Bonn.
Questo meraviglioso capolavoro, molto ambizioso e di una qualità teatrale e musicale assai pregevole, venne composto dall'autore al culmine della propria esperienza e maturità artistica e rivela nella sua originalità tutto lo stile tipico della maestosità creativa beethoveniana.
Nel 1804 il compositore rimase affascinato da Léonore di Jean-Nicolas Bouilly.
Il lavoro beethoveniano, ancora al giorno d'oggi, è pervenuto in ben tre versioni, ognuna piuttosto diversa dall'altra, di cui nelle moderne esecuzioni di prassi, solamente la prima e la terza sarebbero da considerarsi come "ufficiali". È da tenere presente, comunque, che la versione originaria (quella che poi verrà considerata come la prima) del Singspiel in tre atti (nella seconda e terza versione gli atti poi furono ridotti a due), presentata il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien non portava assolutamente il titolo di Fidelio, titolo quest'ultimo inserito dall'autore solo per la terza e definitiva versione, bensì quello di Leonore. Leonore oder die eheliche Liebe (Op. 72) (Leonora ossia l'amor coniugale), non incontrò il favore del pubblico tanto che Beethoven fu costretto a ritirare l'opera.
Gran parte dell'insuccesso fu dovuto, quasi sicuramente, all'eccessiva lunghezza del lavoro (tre atti). Un notevole peso dovette avere anche il momento storico molto travagliato per Vienna, che proprio in quei giorni era stata invasa dall'esercito napoleonico, creando un clima di generale paura per la città e i suoi abitanti (quasi tutti gli spettatori erano costituiti da militari francesi). Non si può, infatti, tacere sul peso anche politico del Fidelio, il cui tema della lotta contro la tirannia e dell'affermazione della libertà e della giustizia, estremamente caro a Beethoven al di là della contingenza storica, poteva trovare diretta giustificazione nella situazione in cui si trovava la città austriaca.
Nonostante le aspre critiche di chi accusava Beethoven di non sapere scrivere per le voci, di trattarle indistintamente come strumenti e di essere poco avvezzo al genere teatrale, egli arrangiò, avvalendosi di un libretto revisionato dall'amico Stephan von Breuning, una nuova versione in due soli atti del lavoro, ripresentata l'anno successivo (29 marzo 1806) sempre con il titolo Leonore (Op. 72a) (Leonore o il trionfo dell'amor coniugale) al Theater an der Wien, ma con non migliori esiti, tanto da costringerlo a ritirarlo nuovamente. Solo otto anni dopo (1814), dietro richiesta del Theater am Kärntnertor, Beethoven tornò ancora una volta su Leonore avvalendosi della collaborazione del giovane Treitschke, che corresse il libretto migliorandolo dal punto di vista teatrale. La versione definitiva con il nuovo titolo questa volta cambiato letteralmente in Fidelio andò in scena in quello stesso anno con successo il 23 maggio con Johann Michael Vogl come Don Pizarro.
Il segno più evidente del lungo travaglio compositivo è costituito dalle quattro ouverture scritte da Beethoven per il Singspiel: due nel 1804, una nel 1805 e un'ultima (quella definitiva) nel 1814.
Il compositore così descriveva la sua opera: «Di tutte le mie creature, il Fidelio è quella la cui nascita mi è costata i più aspri dolori, quella che mi ha procurato i maggiori dispiaceri. Per questo è anche la più cara; su tutte le altre mie opere, la considero degna di essere conservata e utilizzata per la scienza dell'arte».

Le ouverture di Fidelio

Beethoven sentiva la necessità di comporre un'appropriata ouverture per Fidelio, e ne compose complessivamente quattro versioni. La versione composta per la Prima del 1805, è il rifacimento dell'ouverture oggi nota come Leonore No. 1 (Op. 138). Il risultato di questo rifacimento è l'ouverture che al giorno d'oggi è nota con il titolo di Leonore No. 2 (op. 72). Quindi Beethoven partì da quest'ultima realizzazione per poi creare la Leonore No. 3 (Op. 72a) per le rappresentazioni del 1806. Quest'ultima è considerata da molti come la migliore delle quattro ouverture, sia per l'intensità drammatica, sia per il grande respiro sinfonico, ma aveva il difetto di sovrastare la scena iniziale dell'opera e di prefigurarne il finale, anticipando lo squillo di tromba risolutivo (raffigurante l'arrivo di don Fernando). L'una e l'altra ebbero grande fortuna come pagine orchestrali a sé stanti, ma proprio per la loro grandezza furono giudicate inadatte a fare da premessa a un'opera le cui prime scene presentano un carattere di commedia borghese. Beethoven quindi decise di apporre ulteriori modifiche (che abbandonò poco dopo) per una presunta rappresentazione del 1807 a Praga, che comunque non ebbe mai luogo. La versione che oggi è chiamata Leonore No. 1 (Op. 138), che in realtà era stata già scritta nel 1805, verrà solamente eseguita postuma e mai entrerà a far parte delle tormentate vicende creative del Fidelio . Nel 1814 Beethoven ne scrisse la versione definitiva (Op. 72b), molto più snella, che sembra adattarsi meglio per l'inizio dell'opera.
Le intenzioni finali di Beethoven sono generalmente rispettate oggi durante le rappresentazioni contemporanee. Gustav Mahler introdusse la pratica, comune fino alla metà del XX secolo, di suonare la Leonore No. 3 nel cambio di scena del secondo atto: alcuni direttori continuano tale
usanza.

Trama

Il soggetto è tratto da Léonore ou l'amour conjugal di Jean-Nicolas Bouilly, scritto a suo tempo per il musicista Pierre Gaveaux, e si basa su di un fatto realmente accaduto nella Francia del periodo del 'Terrore', di cui l'autore (all'epoca accusatore pubblico del tribunale rivoluzionario di Tours) parla anche nei suoi Mémoires.

Atto I

L'azione si svolge in una prigione a qualche miglio fuori da Siviglia, nel XVII secolo.
Don Pizarro è il governatore della prigione in cui egli stesso ha fatto imprigionare ingiustamente il suo nemico personale Florestan. La moglie di questi, Leonore, vuole ritrovarlo e, travestitasi da uomo e preso il nome di Fidelio, ne intraprende le ricerche. Le informazioni raccolte la indirizzano proprio verso il carcere di don Pizarro. Qui, per scoprire se Florestan è tra i prigionieri, fa in modo di entrare nelle grazie di Rocco, il carceriere, e, involontariamente, entra anche in quelle di Marzelline, la figlia di lui, che se ne invaghisce sdegnando le attenzioni di Jaquino, il giovane portiere della prigione.
Nel frattempo don Pizarro viene informato con una lettera dell'imminente arrivo del ministro di stato don Fernando, e teme che questi possa scoprire l'arbitrio commesso con l'arresto illegale di Florestan, che don Fernando ben conosce. Dà ordine, dunque, a Rocco di uccidere il prigioniero ricevendone, però, un rifiuto. Costretto a commettere personalmente il delitto ottiene, però, che Rocco prepari la fossa. Fidelio assiste al colloquio e sospetta che il prigioniero di cui parla don Pizarro sia proprio Florestan. Per scoprirlo convince Rocco a far uscire in cortile tutti i prigionieri, ma Florestan non si trova tra questi e Fidelio, rassegnato, non può far altro che seguire Rocco nelle segrete per aiutarlo a scavare la fossa.


Atto II

Florestan giace incatenato nel buio della segreta e si lamenta della perduta libertà. Entrano Rocco e Fidelio, che si era deciso a salvare comunque il prigioniero chiunque egli fosse. Non appena ne ode la voce invocare il nome "Leonore", però, riconosce subito in lui il marito. Quando don Pizarro arriva per ucciderlo, Fidelio lo affronta e gli rivela la sua identità, ma il governatore è ben deciso a uccidere entrambi.
Uno squillar di tromba annunciante l'arrivo del ministro fa frettolosamente uscire don Pizarro dalle segrete, mentre Leonore e Florestan si abbracciano esultanti. Nella piazza del castello il ministro dà ordine che i prigionieri siano liberati e ascolta da Rocco il resoconto dei fatti. Leonore toglie personalmente le catene al marito e, mentre i crimini di don Pizarro vengono smascherati, si leva un coro in lode dell'eroina.


sabato 24 dicembre 2016

Stokowsky e la sua orchestra



Scarica qui lp di Stokowsky

lunedì 12 dicembre 2016

Karajan dirige Strauss



Scarica qui lp di Karajian

sabato 3 dicembre 2016

Schubert: Rosamunde



Scarica qui Rosamunde di Schubert

 
Il Quartetto per archi n. 13 in la minore (detto Quartetto Rosamunde) D.804, op. 29 n.1, fu scritto da Franz Schubert fra il febbraio ed il marzo 1824, quasi in contemporanea con l'altro grande quartetto schubertiano, il quartetto n. 14 in re minore La morte e la fanciulla, emergendo circa tre anni dopo il suo precedente tentativo di scrivere per il quartetto d'archi, il Quartettsatz che non fu completato.
Schubert dedicò il quartetto al celebre violinista Ignaz Schuppanzigh, primo violino nel quartetto privato del conte Andrei Razumovsky. Schuppanzigh stesso partecipò come primo violino alla prima esecuzione del quartetto, avvenuta il 14 marzo 1824.
Il quartetto si compone di quattro movimenti e dura fra i 30 e i 40 minuti.
  1. Allegro ma non troppo
  2. Andante
  3. Minuetto - Allegretto - Trio
  4. Allegro moderato
Il primo movimento si apre in un modo che ricorda il tema malinconico da uno dei primi brani di Schubert, Gretchen am Spinnrade. È al secondo movimento, tuttavia, che si deve il nome Rosamunde del quartetto, dato che questo movimento è basato su un tema dalla musica di scena per Rosamunde, tema molto simile a quello che appare nell'Improvviso in si bemolle maggiore op. 142 D.935 - nella forma di tema e variazioni - scritto tre anni dopo. Il minuetto è ispirato alla melodia di un'altra canzone di Schubert, Die Götter Griechenlands, D.677.

mercoledì 30 novembre 2016

Mozart, Tchaikowsky




Scarica qui lp di Mozart, Tchaikowsky

sabato 12 novembre 2016

Mascagni: Isabeau



Scarica qui Isabeau di Mascagni

 
Isabeau è una leggenda drammatica o opera in tre atti del compositore Pietro Mascagni (1911), su libretto di Luigi Illica. Mascagni diresse la prima il 2 giugno 1911 al Teatro Coliseo di Buenos Aires.Si tratta di una rivisitazione della leggenda medievale inglese di Lady Godiva, come Mascagni descrisse in una intervista: "ritorno al romanticismo che ispirò così tanto l'opera italiana."

Trama:
Re Raimondo cerca un marito per la principessa Isabeau organizzando un torneo, ma lei non vuole scegliere un marito. Quando il re la costringe a girare nuda per la città, la gente rifiuta di guardarla in segno di rispetto. Inoltre, essa richiede al re l'emanazione di un editto di condanna alla cecità a chiunque osi guardarla. Ignaro del decreto, il falconiere Folco guarda casualmente Isabeau durante il suo giro e viene arrestato. Quando Isabeau lo visita in carcere, si innamora di lui e implora il padre di perdonarlo. Tuttavia, il ministro del re, esalta le passioni del popolo che salgono dalla folla e uccide Folco. Isabeau, distrutta dal dolore, si suicida accanto all'amato.

sabato 29 ottobre 2016

Vivaldi: La stravaganza





Scarica qui la Stravaganza di Vidaldi

La stravaganza è una raccolta di dodici concerti composta da Antonio Vivaldi. Nell'intestazione originale, la dedica riporta il seguente testo:


«Concerti consacrati a Sua Eccellenza il Signor Vettor Delfino, nobile veneto, da
Don Antonio Vivaldi, Musico di Violino, e Maestro de Concerti del Pio Ospitale della
Pietà di Venetia.»


Si tratta di concerti per violino anche se occasionalmente interviene un secondo strumento solistico come un secondo violino e/o violoncello solo.
La raccolta ha la stessa struttura delle altre due che hanno dato un'impronta fondamentale alla produzione vivaldiana. Si tratta delle celeberrime Il cimento dell'armonia e dell'inventione e L'estro armonico (entrambe più famose della presente opera). Come nelle altre due raccolte, ciascuno dei dodici concerti della Stravaganza dura una decina di minuti.

sabato 22 ottobre 2016

Welte Mignon


 Il pianoforte meccanico automatico Welte-Mignon fu il primo strumento musicale che rese possibile l’ampia riproduzione autentica di brani musicali per pianoforte. Lo strumento impiegava, come supporto sonoro, strisce perforate di carta chiamato rullo di carta per note o rullo per pianoforte e fu una ricerca comune di Edwin Welte e Karl Bockisch. In questo modo era possibile riprodurre con alta fedeltà il brano musicale di un pianista, e la dinamica sonora.

Scarica qui Welte Mignon




sabato 15 ottobre 2016

Karajan dirige Tchaikowsky



Scarica qui lp di Tchaikowsky

sabato 8 ottobre 2016

Verdi: Rigoletto


Scarica qui Rigoletto di Verdi 

L’opera "Rigoletto" è ambientata a Mantova e nei suoi dintorni, nel secolo XVI. Inizia con una festa al palazzo ducale, si svolge nel giro di pochi giorni e finisce, come ogni dramma lirico che si rispetti, con una morte.

Rigoletto, deforme e pungente buffone di corte, che si burla con cattiveria di tutti e trama, all'occasione, scherzi e vendette crudeli, ha una figlia "segreta", che è la luce dei suoi occhi, avuta dalla donna amata ormai morta.

Duro e crudele con tutti, con la figlia Gilda, invece, Rigoletto è un padre tenerissimo e premuroso che si preoccupa di tenerla lontana dal mondo corrotto della corte, ma che per uno scherzo del destino è diventata oggetto dell'attenzione del suo giovane padrone, il Duca di Mantova, libertino impenitente.

Le reazioni alle malefatte del buffone, da parte dei cortigiani, daranno il via ad una serie di delitti: Gilda, la figlia di Rigoletto, sarà rapita e violata dal Duca. Rigoletto per vendicare l'offesa pagherà Sparafucile, un bandito, perchè uccida il Duca, ma a morire, per mano di Sparafucile, sarà invece l'amata figlia.

martedì 27 settembre 2016

Faure': Requiem



Scarica qui il Requiem di Faure'

Gabriel Urbain Fauré (Pamiers, 12 maggio 1845 – Parigi, 4 novembre 1924) è stato un compositore e organista francese. Con Debussy, Ravel e Saint-Saens, è uno dei grandi musicisti francesi della fine del XIX secolo e dell'inizio del XX secolo.

ll Requiem, Op. 48, non fu composto in memoria di una persona in particolare, ma come dicono le parole di Fauré, ‘solo per il piacere di farlo'. Fu eseguito per la prima volta nel 1888 in occasione dei funerali di un architetto francese. Molti lo descrivono come una ninna nanna della morte. Persino oggi, in molte zone d'Italia, il canto dell' in paradisum, segue la messa funebre e precede il pio ufficio della sepoltura. Il contrappunto vocale nel Requiem di Fauré è ben costruito e ricco di cromatismi, l'uso dell'organo deriva da Franck. I colori sono molto delicati e i forti emergono all'improvviso. Molti lo accostano all'Ein deutsches Requiem di Johannes Brahms. Il Requiem di Fauré è anche riconosciuto come fonte di ispirazione per un'opera simile di Maurice Duruflé.





sabato 17 settembre 2016

Handel concerti grossi


Scarica qui i Concerti Grossi di Handel

martedì 13 settembre 2016

Danze russe



Scarica qui lp Danze russe

lunedì 5 settembre 2016

Madrigali a 5 voci di D.Carlo Gesualdo



Scarica qui madrigali a 5 voci



”Principe dei musici”

Il principe Carlo Gesualdo nacque l’ 8 marzo 1566  da Fabrizio II e Geronima Borromeo sorella di San Carlo.
Seguì a Napoli severi studi ai quali fu avviato dal padre, discreto letterato e noto mecenate, molto legato ai Gesuiti. All’età di 19 anni Gesualdo pubblicò il primo mottetto,dimostrando fin da giovane una passione enorme per la musica tale da farlo divenire, uno dei più illustri madrigalisti di ogni tempo apprezzato in tutto il mondo.

Nel 1586 sposò la cugina Maria d’Avalos, nata nel 1560 da Carlo, conte di Montesarchio, e da Sveva Gesualdo. Il matrimonio avvenne il 28 febbraio del 1586 con dispensa del Papa Sisto V, nella chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli che era situata vicino al palazzo dove abitava la famiglia Gesualdo. Carlo aveva 20 anni e Maria 26. Dal matrimonio nacque Emanuele.

Durante una festa da ballo Maria conobbe il duca d’Andria e conte di Ruvo Fabrizio Carafa di cui si innamorò, benché questi fosse sposato con Maria Carafa e padre di quattro figli.

I due superavano ogni ostacolo pur di incontrarsi e non seppero uscire dal ruolo di amanti predestinati. Nello stesso tempo non si riconoscevano colpevoli, perché per loro era vero amore, un amore talmente grande da poter affrontare anche la morte, come poi fecero, dimostrando con tale gesto che da un lato si trattava di vero amore e dall’altro di scegliere la voglia di purificarsi immolandosi per amore: non suicidandosi, ma facendosi ammazzare per amore. In questo modo l’alto senso dell’onore col martirio ne esce invitto e incontaminato, compreso quello del Gesualdo. Quindi gli amanti continuano ad incontrarsi, perfino in casa Gesualdo, nell’attesa di una vendetta che ormai entrambi sanno covata e meditata dal principe.
Infatti, il 16 ottobre 1590 il principe avverte Maria che, insieme ad alcuni suoi servi, andrà a caccia nel bosco degli Astroni e resterà lontano due giorni. Era solo l’ultima parte di un piano già preparato in ogni minimo dettaglio.
Nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17 ottobre 1590 i due amanti vennero colti in flagrante adulterio nella camera da letto di Maria e barbaramente trucidati.

Alla violenza omicida Carlo fu, probabilmente suo malgrado, indotto; e, più che dal risentimento personale, da interessate delazioni che gli imposero l’obbligo di vendicare, col sangue, l’offesa fatta al suo nome. Le circostanze lo giustificavano dal punto di vista della legge e del costume del tempo; tanto che il viceré Miranda, dal quale Carlo si recò immediatamente a dare notizia personalmente dell’accaduto, lo esortò ad allontanarsi da Napoli non per sfuggire alla legge, ma per non esasperare il risentimento delle famiglie degli uccisi. Carlo fuggì da Napoli e si rifugiò nell’inaccessibile ed inespugnabile castello-fortezza di Gesualdo.
Il processo venne archiviato il giorno dopo la sua apertura “per ordine del Viceré stante la notorietà della causa giusta dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo Principe di Venosa ad ammazzare sua moglie e il duca d’Andria”.
Carlo rimase a Gesualdo finché non si fu accertato che il risentimento delle famiglie dei d’Avalos e dei Carafa si fosse sedato. Tutto ciò non gli restituì la serenità che oramai avrà perso per sempre, perché non c’è nessun testimone così terribile, nessun accusatore così implacabile come la coscienza che abita nel cuore di ogni uomo.Dopo tre anni e quattro mesi dal duplice assassinio si reca, accompagnato da suo cognato Ferdinando Sanseverino conte di Saponara, dal conte Cesare Caracciolo e dal musico Scipione Stella, a Ferrara per unirsi di nuovo in matrimonio con Eleonora d’Este.
A Ferrara Carlo non riuscì a legare con l’Accademia musicale più aristocratica ed esclusiva del tempo che non gli permise di recitare il ruolo di “primo attore”. Pertanto decise di ritornare a Napoli lasciando a Ferrara la moglie e il piccolo Alfonsino che da lei aveva avuto. Ma temendo ancora la vendetta delle potenti famiglie d’Avalos e Carafa, si ritirò definitivamente, nel mese di giugno del 1596, nel castello di Gesualdo, fatto ristrutturare tempo addietro. Il castello aveva perso il rude aspetto di fortezza e divenne una bellissima dimora capace di accogliere una fastosa corte canora nel vago e vano tentativo di emulare quella di Ferrara.
Nell’ambiente gesualdino fatto di pace, serenità, di aria pulita e profumata, di panorami vastissimi e di boschi per la caccia, il principe poté dedicare molto del suo tempo alla musica, per cui oltre ai 4 libri di Madrigali già pubblicati, compose altri 2 libri che fece stampare nel 1611 a Gesualdo nella tipografia che il tipografo Gian Giacomo Carlino installò nel castello. Compose inoltre altri Mottetti, un libro di Responsori, un Benedictus, un Miserere, un libro di Sacrae Cantiones a cinque voci e uno a sei voci composte “con artifizio singolare e per sommo diletto degli animi induriti”.Sulla musica di questo grande musicista, si è commesso, e molti continuano a commettere, l’errore di interpretare la musica di Gesualdo in termini autobiografici, limitati ad alcuni episodi, ed in particolare al tradimento ed all’assassinio della prima moglie. Egli fu certamente uno spirito introverso, tormentato e maliconico; la vita non gli diede molte gioie e lo colpì con sofferenze fisiche e psichiche, con delusioni, con perdite dolorose. Ma non bisogna dimenticare che Carlo era secondogenito (v. albero genealogico nel libro di Michele Zarrella “Carlo Gesualdo il suo albero genealogico e la sua città” edito dalla Pro loco Civitatis Iesualdinæ – 1995) e che aveva avuto una rigida educazione religiosa e musicale. Inoltre era nipote di due cardinali, di cui uno poi santo, e il padre, discreto letterato e amante della musica, era molto legato ai Gesuiti ed era mecenate dei musici napoletani più famosi di quel tempo. Pertanto a parte ogni movente di pia espiazione occorre vedere nella musica di Gesualdo l’artista ardito ed innovatore. Le sue combinazioni armoniche trovano riscontro solo nella musica moderna. Il suo genio musicale, i suoi estremi rivolgimenti cromatici, le sue stupefacenti invenzioni artistiche consentono alla sua musica eccelsa di dire quello che non possono dire le parole, tanto da meritare il titolo di Principe dei musici.