Scarica qui Selva morale e spirituale di Monteverdi
La Selva morale e spirituale (SV 252-288) è una collezione di musica sacra di Claudio Monteverdi. Pubblicata a Venezia nel 1640, contiene composizioni come Beatus Vir, Laudate pueri Dominum, Missa in illo tempore, Ut queant laxis, Gloria a 7, Salve Regina, Confitebor alla francese e altre.
La Selva Morale e Spirituale
è in pratica un grande catalogo di opere varie e tra loro diverse che
Monteverdi raccolse alla fine della sua vita, senza un particolare filo
conduttore e senza una precisa destinazione celebrativa. Vi sono
raccolti infatti lavori sia sacri che profani, composti nel corso dei
trent’anni trascorsi a Venezia come Maestro di Cappella in San Marco: di
conseguenza questa antologia contempla anche tutti i diversi stili
sperimentati da Monteverdi in questo lungo periodo. Vi si trovano, ad
esempio, sia brani a cappella in stile antico (Messa a 4 da cappella, Magnificat Secondo), sia composizioni per le solennità liturgiche scritte in stile concertante (Dixit Dominus Primo, Magnificat Primo).
Le opere profane sono invece rappresentate da una serie di madrigali e
canzonette morali che aprono il secondo CD, cui si aggiunge un Pianto della Madonna a voce sola sopra al Lamento d’Arianna, parodia del celebre Lamento d’Arianna.
Si tratta dunque tutt’altro che di un’opera unitaria, ma di un ampio
campionario di generi e di stili che si sviluppa per più di quattro ore
di musica.
È
facile immaginare le difficoltà che un interprete deve affrontare nel
momento in cui si accinge ad eseguire una raccolta di questo genere
caratterizzata da continui cambiamenti di stile e di genere nonché da un
lungo sviluppo in termini temporali che spiazza le consuete linee di
riferimento cronologico, poiché è necessario mantenere una coerenza
stilistica quanto mai definita, trattandosi di un autore come
Monteverdi. Konrad Junghänel, direttore del Cantus Cölln, ha
pensato di organizzare il primo ed il terzo CD come se si trattasse di
offici di Vespro, seguendo invece per il secondo il "principio storico
della varietà e del contrasto". In questo senso si può giustificare la
scelta della parodia del Lamento d’Arianna come anello di
congiunzione tra la sezione profana e quella sacra. Una scelta
intelligente che aiuta l’ascoltatore a trovare un percorso che rende più
fruibile un’opera altrimenti frammentaria e disarticolata ancorché
ricca di pagine musicalmente straordinarie.
Il Cantus Cölln rivela immediatamente quella che è la sua caratteristica più rimarchevole e che ne fa oggi uno dei massimi ensemble
che esplorano il repertorio rinascimentale e barocco: rispettare con
severità e pertinenza filologica la cifra stilistica di ogni autore che
affrontano e, nello stesso tempo, renderla attuale e fruibile al
pubblico moderno. È come se conoscessero il segreto delle intenzioni di
ogni compositore, sia esso Monteverdi, o Heinrich Schütz, o Johann
Sebastian Bach, qualunque autore affrontino non corrono mai il rischio
di assimilare l’uno all’altro, imponendo un suono o uno stile adatto per
tutte le occasioni. Qui stanno, a nostro parere, il loro rigore e la
loro modernità: mettere al servizio del testo musicale una tecnica
eccezionale ed una sensibilità interpretativa che non prevarica mai le
ragioni dell’opera ed il carattere musicale del compositore. Il loro
stile asciutto, privo di compiacimento e ricco di comunicativa, entra
nel cuore della parola e della scrittura musicale, che viene restituita
con chiarezza esemplare. Padroni del fraseggio come pochi altri,
riescono a puntualizzare cromatismi e contrasti senza mai perdere la
fluidità e il senso profondo del discorso musicale. Esemplari nel canto a
cappella, trovano anche meravigliosi equilibri tra i suoni nelle parti
concertanti, serviti in questo caso, in modo eccellente, anche dal Concerto Palatino,
responsabile della sezione dei fiati. La loro tenuta ritmica è
stringente, non cede mai a cadute di tensione, così come è impossibile
trovare momenti confusi o trascurati poiché uniscono alla perfezione
esecutiva la naturalezza e la chiarezza dell’esposizione.
A tutte queste doti ricorre il Cantus Cölln nell’esecuzione della Selva morale e Spirituale
di Monteverdi, e non potrebbe essere altrimenti considerata la varietà
stilistica sopra descritta e soprattutto la difficoltà di cogliere il
delicatissimo equilibrio monteverdiano tra musica e parola che in alcuni
brani di questa raccolta tocca momenti davvero superbi come il Gloria a 7 voci che apre il terzo CD, in cui l’accentuazione delle note gravi sull’"Et in terra pax"
crea un contrasto spettacolare tra l’idea di pace, associata in genere a
suoni leggeri e argentini, e qui invece resa dalla solennità e dalla
gravità di note profonde. Questo era il genio di Monteverdi, ma bisogna
anche essere in grado di evidenziarlo, di farcelo ascoltare, conoscere
ed apprezzare. Da manuale è anche l’interpretazione della Messa a 4 da cappella
dove i rapporti tra le diverse voci risultano perfetti nel ristabilire
quell’equilibrio che richiede un simile tributo allo stile polifonico
cinquecentesco.
Sarebbe
inutile evidenziare il grande lavoro e la caratura individuale dei
solisti e delle varie sezioni poiché fortunatamente qui non ci sono né
divi né primedonne, ma un gruppo di musicisti non autorefenziali ma
intelligenti e semplici, così come ci appaiono nella bella foto,
allegata al cofanetto, che li ritrae tutti insieme, in blue jeans e giacchette nere, molto informali, molto naturali, e molto "del nostro tempo".
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