lunedì 22 gennaio 2018

Monteverdi: Tancredi e Clorinda



Scarica qui Tancredi e Clorinda di Monteverdi

 
Capolavoro della produzione monteverdiana, “Il combattimento di Tancredi e Clorinda” segna un nuovo e importante capitolo nella storia della musica. Monteverdi, che già ha esperienza con il melodramma, l’Orfeo è del 1607, alla polifonia contrappuntistica franco-fiamminga contrapporre una “seconda prattica” musicale, nella quale il canto imita gli accenti della lingua e la musica, con i suoi ritmi e le sue melodie, traduce e accentua le emozioni suscitate dal testo rappresentato (teoria deglia affetti).
Il madrigale, composto sul testo della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, canto XII versi 52-62 e 64-68, riprende la vicenda del cavaliere cristiano Tancredi, innamorato di Clorinda, guerriera musulmana, costretto dalla sorte a battersi in duello proprio con lei e ad ucciderla. In punto di morte Clorinda si converte e, battezzata da Tancredi, affronta serenamente il trapasso.
L’organico strumentale prevede due violini, una viola da braccio e il basso continuo; le parti vocali sono per soprano, Clorinda, e per due tenori, il Testo (narratore) e Tancredi. Le voci non sono mai sovrapposte, i versi sono cantati in ordinata successione; la musica si adegua alla parola, anche nel sottolineare gli interventi del narratore. Gli strumenti, poi, non hanno soltanto un ruolo di semplice accompagnamento ma diventano protagonisti, come nell’episodio del combattimento in cui, la concitazione e l’ansia dei duellanti sono evidenziate, per la prima volta, dal tremolo degli archi.
Monteverdi esprime due passioni contrarie: da una parte l’ira e lo sdegno,  dall’altra la preghiera dolente e la rassegnazione; passaggi melodici ampi e pacati si alternano a momenti di intenso turbamento, sottolineati da note ribattute, da ritmi puntati e da contrattempi.
Il Combattimento di Tancredi e Clorinda viene eseguito per la prima volta durante le feste di carnevale del 1624, a Venezia in casa Mocenigo; la sua pubblicazione è del 1638 nell’Ottavo Libro di “Madrigali guerrieri et amorosi”, nella cui prefazione Monteverdi descrive dettagliamente le modalità della rappresentazione scenica:

Il basso continuo introduce il recitativo con la presentazione dei personaggi (Tancredi che Clorinda un homo stima… ); una breve figurazione degli archi descrive il vagare di Clorinda. L’improvviso ritmo sempre più serrato imita il trotto del cavallo sul quale giunge Tancredi. Figure strumentali della tromba e rullo di tamburi alludono all’imminente battaglia, preceduta da una sinfonia che introduce l’invocazione alla notte, affidata al Testo col solo sostegno del basso continuo. La descrizione del combattimento inizia piano, “non schivar”, “non parar”, poi in crescendo con figure ritmiche sempre più evidenti; rapide scale ascendenti e discendenti e il tremolo degli archi suggellano l’apice della tensione fino al punto di rottura (… Qui si lascia l’arco, e si strappano le corde con duoi diti …), che corrisponde esattamente al momento in cui i duellanti lasciata la spada “dansi con pomi e infeloniti e crudi/ Cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi”. Ecco una pausa, è l’alba; il narratore è sostenuto dal solo basso continuo, che accompagna anche il successivo dialogo tra Tancredi e Clorinda. Tancredi chiede al cavaliere di rivelare il suo nome; Clorinda nega la sua identità e la lotta riprende violenta e improvvisa (Torna l’ira nei cori e li trasporta), così come testo e musica cambiano all’improvviso sui versi “Ma ecco homai l’hora fatal è giunta/ ch’el viver di Clorinda al suo fin deve”. Clorinda è ferita a morte, a tratti ritornano gli archi, Clorinda si dichiara vinta. La declamazione del Testo (In queste voci languide… ) è partecipazione della tragedia che si sta compiendo: Tancredi riconosce Clorinda. Gli archi ritornano alla fine, sulle ultime parole di Clorinda: “S’apre il ciel io vado in pace”.

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