lunedì 2 novembre 2009

Schubert: Notturno - Sonata Arpeggione


Franz schubert


Lato 1
Adagio per pianoforte, violino e violoncello in mi bem magg. Op.148
D.897 “Notturno”


Trio di Milano
Bruno Canino pianoforte
Cesare Ferraresi violino
Rocco Filippini violoncello”

Sonata in La minore per arpeggione e pianoforte D.821
1. allegro moderato

Lato 2

Sonata in La minore per arpeggione e pianoforte D.821
2. Adagio
3. Allegretto

Rocco Filippini arpeggione
Bruno Canino pianoforte


Scarica il Notturno e la sonata arpeggione di Schubert




Prima di occuparci del Notturno per pianoforte,  violino e violoncello esamineremo, seguendo  l ’ordine cronologico, una pagina isolata nella  produzione schubertiana, la Sonata in la minore  D. 821 per arpeggione (violoncello) e pianoforte.
Fu composta a Vienna nel novembre 1824,  su commissione di Vinzenz Schuster, un violoncellista  di cui non sappiamo quasi nulla, se non  che si interessò del nuovo strumento inventato  dal liutaio viennese Johann Georg Stauffer  (1778-1853) e da questi presentato a Vienna nel  1823. Questo strumento, noto con i nomi di  “guitarre d’amour", “chitarra-violoncello" o  “anche Bogen·-Guitarre ” (chitarra ad arco), aveva  forma simile a quella di una grande chitarra a  sei corde (accordate mi-la-re-sol-si-mi). Diversamente che in una chitarra, pero, esse erano tese  su un ponticello e poste in vibrazione con l ’arco.
Un annuncio pubblicato sulla “Allgemeine _ Musikalische Zeitung" del 30 aprile 1823 riconosce tra le prerogative del nuovo strumento una grande estensione, e nota che ‘per ciò che riguarda la bellezza, la pienezza e la dolcezza del suono si avvicina nel registro acuto all ’oboe, in quello grave al corno di bassetto. . .". Nel  suo pezzo Schubert fa uso delle possibilità legate  all ampia estensione dello strumento, sfruttandone invece pochissimo quelle riguardanti l ’esecuzione di accordi. E ’ curioso notare che il nome di "arpeggione" si trova solo nel manoscritto della sonata schubertiana, cui é rimasto legato come un soprannome fin da quando fu pubblicata. nel 1871. Oggi la “chitarra d’amore”, che scomparve abbastanza presto, é normalmente sostituita da un violoncello.
Di solito viene sottolineato con una certa severità il carattere occasionale, “mondano ", della Sonata in la minore: é evidente che essa rivela un impegno compositivo diverso da altre pagine contemporanee di Schubert e che non può, ad esempio, reggere il confronto con due capolavori dello stesso 1824 come i Quartetti in la minore D.804 e in re minore D.810. Non vi cercheremo dunque lo Schubert maggiore; ma, ciò premesso, potremo ascoltarla senza assumere il cipiglio di un troppo severo censore, e apprezzare cosi l’elegante scioltezza della scrittura, la brillante piacevolezza, la rara felicita melodica di molte idee, il gusto un
po’ spensierato e disimpegnato del ‘far musica ". L 'inizio e subito assai seducente, con la grazia malinconica della prima idea, con la suggestione che nasce dal suo spontaneo fluire. La seconda idea ha un carattere più marcatamente leggero e conversevolmente brillante: su questa base lo svolgimento del primo tempo,
Allegro moderato, scorre via senza troppi problemi. Il successivo Adagio è una sorta di breve intermezzo, destinato a porre in evidenza le qualità cantabili dello strumento ad arco con una garbata e piacevole vena melodica; ad esso si collega senza interruzione il conclusivo Allegretto. Esso é costruito in forma assai semplice su due idee fondamentali: la prima (A) nella sua distesa contabilità rivela vistose affinità con quella iniziale dell ’Allegro moderato, la seconda (B) ha un piglio brillante. Una terza idea (C) dal sapore garbatamente popolareggiante compare una volta sola tra il ricorrere delle altre due, secondo alternanze che possiamo riassumere nello schema A-B-A ’—C-B ’-A ".
Mentre conosciamo con precisione la data e l ’origine della Sonata in la minore, dobbiamo accontentarci di ipotesi per quanto riguarda l’Adagio in mi bemolle maggiore (noto con il nome di Notturno) e lo stesso Trio op. 99. E' probabile che un pezzo isolato come l'Adagio sia stato scritto come tempo di un trio, e poi scartato: la tonalità di mi bemolle maggiore rende verosimile l ’ipotesi che questa pagina dovesse appartenere al Trio in si bemolle maggiore op. 99, dove il tempo lento appunto in mi bemolle maggiore. L ’evidente superiorità del ’Andante un poco mosso che attualmente fa parte del trio op. 99 potrebbe facilmente spiegare perché` Schubert abbia scartato l’altro Adagio, che fu pubblicato postumo a Vienna, da Diabelli nel 1845, con un titolo e un numero d ’opus aggiunti arbitrariamente, Notturno op. 148.
Sulla base della ipotesi formulata dovremmo collocare il nostro Adagio isolato poco prima del Trio op. 99 (come ha fatto il Deutsch attribuendo loro rispettivamente i numeri D. 897 e D. 898), nel 1826 0 agli inizi del 1827 (anche per il Trio la data esatta é sconosciuta). Le poche altre cose che sappiamo di questa pagina riguardano il materiale musicale su cui si basa, ma non ci sembrano fornire rilevanti indicazioni cronologiche. La melodia iniziale, proposta da violino e violoncello con l'estrema dolcezza degli andamenti di terze parallele, rivela una affinità con quella che troviamo nella prima parte della Fantasia in do maggiore op. 159 per violino e pianoforte, del novembre 1827: simile é pero solo un breve inciso melodico, che nella Fantasia dà semplicemente l’avvio a un libero fantasticare del violino, mentre nell’Adagio é proprio il nucleo centrale intorno a cui si costruisce la prima idea.
Quella successiva sarebbe ispirata, secondo una  tradizione non documentabile con sicurezza, a una canzone popolare austriaca, da Schubert ascoltata durante il suo soggiorno a Grnunden e Gastein (4 giugno-15 luglio 1825). In effetti ha un carattere ritmica particolare, con quella sorta di quadratura conferitale dalla regolare presenza di una pausa sul secondo tempo di ogni battuta: pare che questo andamento servisse agli artigiani a battere in tempo il loro colpo di martello, in corrispondenza appunto della pausa. La forma complessiva di questo Adagio é assai semplice, con esposizione e ripresa dei due episodi di cui si é fatto cenno, seguiti da una coda basata sul primo.

PAOLO PETAZZI


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